lunedì 4 maggio 2015

Italia Unica di Londra su General Election: le strane elezioni del Regno Unito

A ragione, The Economist intitola il suo speciale sulle elezioni Britanniche ‘le più strane, le più combattute e le meno prevedibili elezioni della storia recente’. In effetti sembrano passati secoli da quando i Tories (Conservatori di centro destra) e i Labour (Laburisti di centro sinistra) ottenevano tra di loro il 90% dei voti. La scelta politica che si presenta all’elettore Britannico questo 7 maggio 2015 è inequivocabilmente multipartitica. A correre per conquistare 10 Downing Street e Westminster, infatti, sono ben 6 partiti con reali possibilità di diventare potenziali alleati in un governo di coalizione. Nonostante la tradizione bipolarista e la leggere elettorale maggioritaria, al momento non sembra che il voto porterà ad un vincitore chiaro, neanche in caso di coalizione. La stabilità di cui Westminster è sempre stato sinonimo potrebbe venir meno, e già le malelingue paragonano il Regno Unito all’ingovernabile Belgio [1].



I partiti in lizza e le loro proposte

Per spiegare come si possa essere arrivati ad una situazione così complessa, qui di seguito le maggiori proposte dei partiti e le tattiche usate in campagna elettorale.



Tories: Guidati dall’attuale primo ministro David Cameron, i Tories hanno condotto una campagna elettorale capitalizzando sulla ripresa economica ad opera del governo: una crescita del PIL di 2.8% nel 2014, e la creazione di più posti di lavoro dal 2010 che il resto dell’Unione Europea assieme[2]. Cameron ha anche fatto proposte riguardo temi caldi per il contribuente inglese, quali il mercato immobiliare e quello del lavoro, proponendo uno schema di aiuto governativo per comprare la prima casa e più apprendistati per aiutare i giovani ad inserirsi nel mondo del lavoro. La retorica di partito è di mettere in guardia gli elettori contro una potenziale coalizione tra Labour e SNP, che farebbe aumentare vertiginosamente sia tasse che debito pubblico.


Labour: guidati da Ed Milliband, leader che gode di poca fiducia persino all’interno del suo partito, i laburisti hanno portato in campagna elettorale i cavalli di battaglia di sempre: destinare più fondi all’istruzione e al sistema sanitario nazionale (NHS) in primis, che, nella loro opinione, sono stati rovinati dagli interventi di spending review dei Conservatori; aumentare i sussidi di disoccupazione e altre reti di protezione sociale; introdurre una tassa sulle ‘mansions’[3] e in generale aumentare quelle sui redditi alti, favorire l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Il tutto, secondo il manifesto, senza aumentare il debito pubblico ma trovando modo di finanziare gli investimenti attraverso tagli o tasse.


UKIP: partito di estrema destra populista, guidato dal carismatico Nigel Farage, la cui ascesa nei sondaggi nell’ultimo anno è solo paragonabile per rapidità e successo a quella del Fronte Nazionale in Francia. UKIP vuole offrire speranza alla gente normale, con un messaggio di patriottismo e politiche protezioniste. Concretamente, propone un aumento del budget di difesa e forze dell’ordine, una diminuzione dell’aiuto allo sviluppo, la riduzione delle tasse per le PMI e per i redditi medi e l’uscita dall’Unione Europea. Il partito raccoglie, secondo lo stesso Farage, scontenti, delusi, frustrati e anziani, di cui un terzo non ha mai votato prima.

Lib Dems: i liberal democratici, partner junior dei conservatori nel governo Cameron, sono in una situazione complicata. Criticati per i compromessi fatti in coalizione, e senza il beneficio di poter rivendicare i successi del quinquennio 2010-2015, seguono i Tories nel giocare la carta della performance economica del paese. Il loro leader Nick Clegg ha in effetti promesso di continuare, se andrà al governo, il rigore budgetario con l’eccezione dei fondi per l’istruzione, che vorrebbe aumentare. I Lib Dems, potenziali alleati per destra e sinistra, porteranno, nelle parole di Mr Clegg, in caso di coalizione, un cuore ai conservatori e un cervello ai laburisti.


Greens: in crescita nei sondaggi, ora sono dati a circa il 5%. Il loro leader, la combattiva Natalie Bennett, sta per i valori tipici dei partiti verdi: lotta al cambiamento climatico e focus sulle energie rinnovabili, ma anche per una società più giusta invertendo il trend sempre più marcato della privatizzazione in ogni campo.


SNP: il partito nazionalista scozzese, con a capo l’entusiasta Nicola Sturgeon, ha visto i suoi membri quadruplicati dopo il referendum sull’indipendenza scozzese tenutosi il 18 settembre 2014. L’SNP è dato come vincente in quasi tutti i collegi elettorali scozzesi.[4] Nonostante sia nazionalista, è un partito principalmente di sinistra, nel cui manifesto dichiara chiaramente ‘non metteremo mai i Tories al governo’[5]. Pro-Unione Europea, contro l’austerità e i tagli ai servizi pubblici, promette di difendere gli interessi scozzesi prima di tutto.



Immigrazione ed Europa: le questioni chiave

Le due questioni chiave delle elezioni 2015 sono, paradossalmente, quella che più raccoglie consensi e quella invece che più divide i partiti. La prima è l’immigrazione da arginare. La seconda è il ruolo del Regno Unito nell’Unione Europea. Come molti altri europei, i Britannici temono l’effetto immigrazione su stipendi e in generale sui servizi pubblici in una situazione economica che migliora ma che resta ancora insicura. Se all’inizio del mandato di Cameron i conservatori erano considerati con largo margine più in grado di occuparsi dei problemi di immigrazione, ora Labour e Tories sono ugualmente capaci, agli occhi dei cittadini, di fermare quella che nei media viene descritto come una vera e propria invasione. UKIP vorrebbe bloccare del tutto sia l’immigrazione intra che quella extra europea. In maniera assai coerente, il suo leader Farage vuole anche far uscire la Gran Bretagna dall’Unione Europea. Su questo tema i Conservatori sono stati per molto tempo reticenti, dilaniati internamente da due correnti opposte: quella cosmopolita che crede nel libero mercato e nel Mercato Unico che offre l’UE, e quella dei nazionalisti conservatori, euroscettici e potenziali simpatizzanti di UKIP. Per accontentare tutti, Cameron ha promesso, se venisse rieletto, di rinegoziare il deal Britannico con l’UE e indire un referendum nel 2017 sull’uscita o meno del Regno Unito. La posizione dei Labouristi su questo non è chiara, ma il laburista Ed Milliband ha dichiarato che un referendum è improbabile[6] e, come i Lib Dems, il suo partito farà di tutto per far restare il Regno Unito parte dell’Unione.


Previsioni difficili, forse impossibili, a pochissimi giorni dal voto


L’incertezza regna in queste elezioni, e non per volatilità degli elettori, ma al contrario per la stabilità delle divisioni interne – politiche ma anche territoriali, vista la questione scozzese che il referendum non ha risolto e che tornerà fuori preponderante sia in caso di un governo di sinistra che di destra. La campagna elettorale non sembra aver avuto molto impatto sulle decisioni dei cittadini britannici, come si può vedere dal sondaggio della BBC riportato qui sotto. con Conservatori e Labouristi costantemente testa a testa a circa 34-35%, UKIP a 12%, e Lib Dems e Verdi sotto il 10%.




Fonte: BBC (http://www.bbc.com/news/politics/poll-tracker)

In termini di seggi, secondo gli ultimi sondaggi, Tories e Labour sono pari attorno a 275, UKIP ne otterrebbe due o tre al massimo, e SNP il doppio dei LibDems (rispettivamente 50 e 24) [7]. Neppure il sistema maggioritario in vigore, creato proprio per assicurare la governabilità, riuscirà, con queste cifre, a dare un partito di maggioranza. Persino le potenziali alleanze a due partiti (Tories con i Lib Dems, o Labour con i nazionalisti scozzesi) non basterebbero ad ottenere la maggioranza di 326 seggi in parlamento, come il grafico qui di seguito dimostra chiaramente.



Fonte: guardian.co.uk (http://www.theguardian.com/politics/general-election-2015)

Quali opzioni restano allora? La “grande coalizione” destra-sinistra non è nelle abitudini politiche dei britannici, e sembra uno scenario molto poco probabile, come anche un governo di minoranza, rarissimo oltremanica. Si ipotizzano coalizioni tra più di due partiti, ma anche questa opzione sarebbe una prima assoluta. Nigel Farage ha promesso, se i suoi parlamentari entreranno a Westminster, di creare quante più divisioni possibili. Vista la situazione, il suo compito non sarà particolarmente difficile…

Giulia Pastorella

Per Italia Unica - Londra



[2] Fonte: Conservative Party Manifesto https://www.conservatives.com/manifesto
[3] grandi ville o palazzi
[4] La Scozia manda i suoi propri parlamentari a Westminster
[5] http://www.snp.org/node/15170
[6] http://www.bbc.com/news/uk-politics-26538420
[7] fonte: yougov.co.uk – aggiornato giornalmente

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