Per capire il NO dei dipendenti al referendum Alitalia, vi basta una sola parola: aspettative.
Chi ha votato NO, infatti, si aspetta un trattamento uguale a quello descritto da questo articolo di Gian Antonio Stella, del dicembre 2015.
Ancora e sempre #GrazieSilvio
"Come sia andata si sa. Lo ricordava nove mesi fa un dossier Inps. Che spiegava come il «salvataggio» della compagnia aerea aveva ancora agli inizi del 2015 uno strascico di quasi diecimila cassintegrati. Dei quali 152 benedetti da un assegno mensile tra i dieci e i ventimila euro e «casi limite in cui la prestazione si avvicina ai 30 mila euro lordi al mese».
E ancora.
"Per capirci: i cassintegrati delle varie compagnie aeree in crisi (nella stragrande maggioranza Alitalia) possono contare sull’80% «della retribuzione comunicata dall’azienda all’Inps al momento della richiesta del trattamento integrativo, fino ad un massimo di 7 anni». Sette lunghissimi, interminabili anni. Risultato: a dispetto delle promesse («senza oneri»...) la «cassa» era stata alimentata, per fare fronte al salasso, con un pubblico balzello pagato da ciascun passeggero aereo (di tutte le compagnie, anche quelle straniere) atterrato o decollato in un aeroporto italiano. Un euro, all’inizio. Poi due. Poi tre. Su tutti i biglietti. Dal low cost da pochi spiccioli al più lussuoso business intercontinentale. Di fatto, una soprattassa scaricata sui conti di tutti."
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